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sabato 18 settembre 2010

8 marzo e l'utero in fiamme

Copyright 2010 © by Sam Stoner





Molte volte mi sono chiesto a cosa serva questa festa oltre che a foraggiare i fiorai e a razziare i giardini di quei rami verdi impreziositi da gemme gialle come margherite senza petali.


Iniziai a chiedermelo un periodo della vita in cui non si ha altro da fare che porsi delle domande per poi girarle ai propri genitori.


Ricordo che quelli di Carl, il mio migliore amico e compagno di banco, rispondevano che non era affar suo sapere il perché delle cose, e che il Signore gli avrebbe fornito tutte le risposte a tempo debito.
“Ci vuole fede Carl, credere senza sapere. Questo è il segreto della felicità.”


Carl se l’era sentito ripetere così tante volte che quando vide il padre sotto il peso della Chevrolet celeste che stava riparando nella sua officina, non corse a chiedere aiuto, si disse che non era affar suo. Avrebbe voluto chiedere alla madre perché papà stesse dormendo sotto una macchina, ma era un bravo ragazzo, di quelli ai quali le cose non bisogna ripeterle due volte, così ricacciò in gola quel “perché” e ci raggiunse al parco come sempre. Due giorni dopo Carl indossava una giacca nera, una cravatta nera, la sua prima credo, una scriminatura, bianca come le righe segnate sulla lavagna da Miss Ray nell’ora di geometria, che gli attraversava la testa dividendo la folta capigliatura ammansita dal gel che il padre gli aveva lasciato in dote, il tutto, arricchito da un pianto sommesso.


Chiesi a mia madre perché tutti piangessero. Mi disse che succede quando qualcuno muore. I perché seguirono a pioggia, i bambini sguazzano nel mistero della morte, e le risposte arrivarono tutte.
Adesso ogni 8 di marzo quei perché riaffiorano.


Mi chiedo perché i quotidiani si riempiono di annunci di locali in cui capeggiano stripmen e ballerini in perizoma; perché nei blog si vedono foto di falli, perché sul parabrezza della mia macchinaci sono volantini di sexyshop con offerte sulla lingerie; perché in televisione si vedono interviste a donne che si dichiarano pronte a folleggiare e che ammiccano di fronte alla domanda: ”… e gli uomini questa sera?”; perché gli amici si tirano a lucido riempiendosi le tasche di preservativi per uscire quella sera senza avere una meta precisa, solo per “essere a portata”. Ma a portata di chi?



Mi sono chiesto quale fosse l’origine di questo baccanale ovarico.


L’ho trovata, ma non ha nulla a che fare con quello che vedo.


Oh, certo, nelle pagine di cronaca dei quotidiani del 9 marzo si trova qualche trafiletto riservato a un manipolo di donne che hanno marciato per la città come un tempo si faceva in occasione della ricorrenza di qualche santo, ma il resto di queste pagine riguardano sempre le feste, al chiuso o all’aperto, in cui donne di tutte le età sfoggiano reggiseni e tenute da cubiste, con l’unica differenza che le cubiste vengono profumatamente pagate per farlo.


Poi, vicino le feste, ecco comparire il resoconto delle violenze, degli stupri di gruppo, delle sevizie che gli uomini riservano alle donne: donne ubriache che seguono sconosciuti in macchina, o in casolari o in alberghi o in case, non si sa bene alla ricerca di cosa, se non per essere immolate in memoria di quelle donne assassinate in quel lontano 1908.


I “perché” continuano ad affollare la mia testa, proprio come quando ero un ragazzino. Solo che adesso le risposte non hanno il dolce sapore dei ricordi, ma quello amaro del dolore delle vittime e della voce di mia madre, che guardando il telegiornale dice: “Che stronze che siamo…”, riferendosi a quelle donne, operaie, professioniste, disoccupate , che agitano culi e tette mimando un duello di scherma con falli di gomma in onore dell’8marzo.


In casa, dentro un vaso, vedo un ramo di mimosa. Lo stesso ramo che mio padre offre a mia madre ogni giorno da quando si sono incontrati. All’inizio è stata mia madre a dirgli dove trovarne anche fuori stagione, con la determinazione, la forza e la dignità che da sempre la contraddistinguono. Quel ramo nel tempo si è trasformato in gesti e parole, in comportamenti e, alla fine, in convinzioni.


Le donne, quelle che ne hanno la possibilità, le stesse che si riversano nei locali, quando vogliono, sanno indicare agli uomini la strada da seguire. E sanno anche essere sufficientemente persuasive. La storia ci mostra che molti, se non troppi, perdono quella strada. Eppure è semplice trovarla, basta leggere i cartelli con su scritto RISPETTO.