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mercoledì 29 settembre 2010

Gli uomini preferiscono... la cellulite!

Copyright 2010 © by Sam Stoner

Dritte per donne in overdose da chirugia plastica.


Bentornate dalle vacanze ragazze. Allora, vi siete stressate a sufficienza? Vi siete sfogate sessualmente copulando in letti di peccato degni di Sodoma beccandovi un bell’herpes genitalis o la candida? Vi siete finalmente lasciate con il vostro eterno amore solo perché lui non voleva lasciarvi andare in vacanza da sole proprio in concomitanza, del tutto accidentale, con l’inserimento della vostra prima spirale? Vi siete infatuate del bagnino che poi avete scoperto essere attratto più dai vostri tacchi che non dalle vostre tette? Vi siete indebitate per i prossimi 12 mesi per pagarvi il viaggio che vi ha regalato il podio non per il più indimenticabile e torrido incontro di sesso ma per la più perseverante stipsi? Siete state cornificate dal vostro lui andato in vacanza “culturale” con gli amici a Ibiza?


Siete… ingrassate? Sì, avete letto bene, ingrassate. Perché dopo una primavera durante la quale vi siete alimentate a base di barrette proteiche, yogurt e insalate per apparire decenti in costume, sperando che cellulite e grasso potesse magicamente sparire dal vostro interno coscia, dai fianchi e dai vostri culoni, finalmente, dicevo, vi siete potute sfogare. Tanto in estate si cammina, si sta al mare, ci si muove e si può mangiare, quindi diamoci sotto alla faccia di tutti quei digiuni forzati che avrebbero fatto impallidire Ghandi. Brave. Avete percorso la strada giusta per arrivare a Lipo City, la città dove il grasso impera. Ma non è una sorpresa per voi, lo sapevate benissimo dove sarebbe finito ogni boccone che avete assaporato, eppure non avete potuto fare a meno di ingozzarvi. Siete riuscite a ingurgitare una quantità di dolci che nemmeno una mandria di bambini all’ora della merenda riuscirebbe a buttare giù. Ma tanto a settembre il costume ritorna nell’armadio, potrete, così, camuffare pancia e chiappe con i vestiti. Pronte a mostrare “solo”cosce e décolleté luccicanti di abbronzatura… Be’, io direi avvizziti da abbronzatura. Il sole accartoccia la pelle. Fino a un certo punto ve la cavate, dopo… un baratro incartapecorito vi attende inesorabile come la caduta del seno! E quindi, a settembre, tra grasso e rughe si parte alla grande con creme, trattamenti estetici, punturine, filler, innesti, protesi, liposuzioni, filtri magici, esorcismi per le rughe, danze sciamane per tirare su i glutei… qualunque cosa, purché funzioni!


E per chi tutto questo? Ma per noi. Sì, per noi Uomini. Ognuna di voi lo fa per un Uomo. Solo la parola vi fa tremare dalla punta dei capelli fino all’ultima stilla di estrogeni. Ci piace questa accortezza nei nostri riguardi. Ci piace essere blanditi, sedotti, essere al centro delle vostre attenzioni. Ed è inutile che, balbettanti, cerchiate di dire che fate tutto per voi stesse: quel vestitino sexy lo compro per me, quella biancheria che arde desiderio la prendo per me, mi pompo le labbra per sprecare più rossetto, perdo un’ora di sonno al mattino per impiegarla al trucco e con i capelli prima di uscire, tirandomi a lucido come una tigre che invece di ruggire grida SESSO… solo per me. Come no.



Nel mentre noi uomini ce ne stiamo lì, belli tronfi con il nostro ventre gonfio senza alcun problema. I fissati della palestra a oltranza sono pochi, una buona percentuale è gay e quelli che rimangono non sono sufficienti per soddisfare la domanda. Sì, qualcuna ci riuscirà pure a portarsi a letto uno di questi malati da manubrio, ma statisticamente è irrilevante. E per vostra sfortuna le prestazioni sessuali sono del tutto slegate da scolpiti ventri tartarugati. Insomma, avere un fisicaccio alla James Hoelett (Wolverine) non è garanzia di orgasmo. Così, dovete per forza rivolgervi a chi non è poi così in forma, il mercato non offre altro. L’Uomo, supremo imperatore adorato e venerato, desiderato, bramato. Non importa se è senza capelli, ha la pancia, le spalle cadenti, il culo piatto o le maniglie dell’amore che somigliano a lontre.



Bisogna anche dire che non tutte sono a tal punto disperate da stringere patti con spiritelli infernali per assicurarsi eterna giovinezza. C’è anche uno zoccolo duro, parlo di quelle donne che sanno bene che a noi uomini piacciono le imperfezioni, anzi, proprio quelle ci “fanno sangue”. Cellulite, smagliature, grasso… Se si trovano nei punti giusti diventano micidiali elementi di seduzione. Così, queste furbone non stanno lì a seguire diete e ginnastica, ma se la godono, anche se il rischio è di eccedere nel verso opposto diventando, così, talmente cesse da essere poco appetibili persino per un detenuto appena scarcerato dopo una decina d’anni di prigione in astinenza da passera. La linea di demarcazione è sottile, e siamo noi a tracciarla, non dimenticatelo!



I modelli estetici fluttuano, si adattano, metabolizzano mode e plasmano disinibiti, sfrontati, burrosi corpi capaci di mettere nel sacco il più esigente maschio. Pronto a buttare nel secchio un perfetto “foie gras” per gustarsi un bel piatto di trippa! Abbronzata, naturalmente.


sabato 18 settembre 2010

L'ennesima incomprensibile follia di coppia

Copyright 2010 © by Sam Stoner

Giovanna continua a ripeterselo: avere un compagno è segno di successo.

Ma allora perché lei non è felice?

Basta fare un piccolo sforzo e ricordare come stava prima di far entrare Carlo nel suo appartamento, di presentarlo ai suoi genitori, di permettergli di ridisegnare, in bagno, la disposizione dei flaconi di crema idradante, dei districanti per capelli, della lavanda vaginale. Prima che lui le dicesse che quei volumi esoterici nella libreria dovevano far posto ai suoi dvd.


Ora ricorda: aveva bisogno di qualcuno presente mentre guardava la tv e mangiava.

Era sola!

Quest’uomo le doveva piacere? Non necessariamente.

Eppure, adesso, condivide pure il letto con questa persona che non deve necessariamente piacerle. Certo, così deve essere: perché sapere che l’altra metà del letto è occupata stabilmente significa che è una donna di successo. È riuscita a superare i trentacinque anni e avere quella fottuta metà del letto occupata da un ammasso di carne pelosa che russa e le concede le spalle per cinque/sei giorni a settimana.


Sì, perché ora, la sua vita sessuale è scandita dal sabato. Ai primi tempi era un last minute continuo. Si scopava senza orari e in ogni luogo. Però, a pensarci bene, era durato poco quel periodo. Non riusciva proprio a capire come fosse arrivata ad aspettare il sabato come un drogato in crisi di astinenza. Voglio solo una leccatina! Una bottarella! Qualcuno mi fotta!!!


Però, il sabato è rassicurante. Significa che hai un uomo. Mentalmente è splendido. Non c’è più la palpitante incertezza di non incontrare nessuno di interessante nei locali o alle cene oppure tra gli amici degli amici e si eliminano, così, anche le conseguenti uscite e prove di sesso tremolanti, incerte, imbarazzanti, maldestre, insoddisfacenti. Anche se una parte di lei pensa alla mancanza di scopate sfrenate, coiti orali, amplessi che avrebbero fornito elettricità a una timorata cittadina cattolica del sud per una buona mezz’ora.


Roba da single sfigate.


No, ora c’è il sabato.

La procedura: Carlo, il suo compagno, il suo uomo!, le sale sopra, fa quanto richiesto dai suoi organi genitali, totalmente disinteressati a quanto accade ai loro corrispondenti femminili all’interno dei quali si sfregano e poi si mette a vedere la televisione. Lei, con una buona approssimazione, può ormai indovinare il numero di minuti di questa eccitante unione. Ma quello è il suo uomo! L’avrebbe ritrovato il mattino successivo e quello ancora.


Non è della stessa opinione la sua vagina. Anche se ormai, poverina, non riesce più a far sentire la propria voce uterina. L’ha persa anni prima, in quel periodo che coincideva con la convinzione di poter avere figli.

Figli. Argomento tristissimo.

Ma mai più triste della convinzione che qualunque fertile cazzo fuori della sua casa possa ingravidarla. Ma non quello di lui.

Perché?

Ma perché è presto per pensare di avere figli. Lui ha “solo” quarantacinque anni. C’è tempo.

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Niente paura, è solo l’orologio biologico di lei che alla soglia dei 36 anni comincia a farsi sentire. Ma c’è tempo, si ripete nella sua metà del letto il cui confine è segnato dalla schiena di lui. Ho solo 36 anni. E’ presto per avere uno strafottuto figlio!

La verità è che erano solo finiti insieme. Quando quella troia di Anna glielo aveva presentato aveva scoperto delle affinità sconcertanti con quest’uomo: coincideva la meta delle vacanze, avevano la stessa predilezione per cibo messicano, inoltre lui aveva un buon profumo, era libero e desideroso di una compagna. Così, erano finiti insieme.


Il fatto che ora veda la sua vita come un totale fallimento è una falsa percezione. Lei è felice, è una donna di successo! Così straordinariamente felice da farsi venire uno sfogo sulla pelle per aver rifiutato l’invito per un aperitivo da parte di quel bel ragazzo single e del suo cazzo in erezione sette giorni la settimana! Quel beep continuo e quasi impercettibile che le sembra di sentire sempre più spesso, non si deve alla sveglia guasta di un vicino, ma proviene dal macchinario che misura i parametri vitali della sua relazione, ormai distesa su un freddo tavolo di marmo in attesa dell’autopsia…

- Cara, dove sono gli specchi?

- Li ho buttati! E adesso vieni a mangiare questa cazzo di colazione!


Piccole gioie della vita di coppia.

8 marzo e l'utero in fiamme

Copyright 2010 © by Sam Stoner





Molte volte mi sono chiesto a cosa serva questa festa oltre che a foraggiare i fiorai e a razziare i giardini di quei rami verdi impreziositi da gemme gialle come margherite senza petali.


Iniziai a chiedermelo un periodo della vita in cui non si ha altro da fare che porsi delle domande per poi girarle ai propri genitori.


Ricordo che quelli di Carl, il mio migliore amico e compagno di banco, rispondevano che non era affar suo sapere il perché delle cose, e che il Signore gli avrebbe fornito tutte le risposte a tempo debito.
“Ci vuole fede Carl, credere senza sapere. Questo è il segreto della felicità.”


Carl se l’era sentito ripetere così tante volte che quando vide il padre sotto il peso della Chevrolet celeste che stava riparando nella sua officina, non corse a chiedere aiuto, si disse che non era affar suo. Avrebbe voluto chiedere alla madre perché papà stesse dormendo sotto una macchina, ma era un bravo ragazzo, di quelli ai quali le cose non bisogna ripeterle due volte, così ricacciò in gola quel “perché” e ci raggiunse al parco come sempre. Due giorni dopo Carl indossava una giacca nera, una cravatta nera, la sua prima credo, una scriminatura, bianca come le righe segnate sulla lavagna da Miss Ray nell’ora di geometria, che gli attraversava la testa dividendo la folta capigliatura ammansita dal gel che il padre gli aveva lasciato in dote, il tutto, arricchito da un pianto sommesso.


Chiesi a mia madre perché tutti piangessero. Mi disse che succede quando qualcuno muore. I perché seguirono a pioggia, i bambini sguazzano nel mistero della morte, e le risposte arrivarono tutte.
Adesso ogni 8 di marzo quei perché riaffiorano.


Mi chiedo perché i quotidiani si riempiono di annunci di locali in cui capeggiano stripmen e ballerini in perizoma; perché nei blog si vedono foto di falli, perché sul parabrezza della mia macchinaci sono volantini di sexyshop con offerte sulla lingerie; perché in televisione si vedono interviste a donne che si dichiarano pronte a folleggiare e che ammiccano di fronte alla domanda: ”… e gli uomini questa sera?”; perché gli amici si tirano a lucido riempiendosi le tasche di preservativi per uscire quella sera senza avere una meta precisa, solo per “essere a portata”. Ma a portata di chi?



Mi sono chiesto quale fosse l’origine di questo baccanale ovarico.


L’ho trovata, ma non ha nulla a che fare con quello che vedo.


Oh, certo, nelle pagine di cronaca dei quotidiani del 9 marzo si trova qualche trafiletto riservato a un manipolo di donne che hanno marciato per la città come un tempo si faceva in occasione della ricorrenza di qualche santo, ma il resto di queste pagine riguardano sempre le feste, al chiuso o all’aperto, in cui donne di tutte le età sfoggiano reggiseni e tenute da cubiste, con l’unica differenza che le cubiste vengono profumatamente pagate per farlo.


Poi, vicino le feste, ecco comparire il resoconto delle violenze, degli stupri di gruppo, delle sevizie che gli uomini riservano alle donne: donne ubriache che seguono sconosciuti in macchina, o in casolari o in alberghi o in case, non si sa bene alla ricerca di cosa, se non per essere immolate in memoria di quelle donne assassinate in quel lontano 1908.


I “perché” continuano ad affollare la mia testa, proprio come quando ero un ragazzino. Solo che adesso le risposte non hanno il dolce sapore dei ricordi, ma quello amaro del dolore delle vittime e della voce di mia madre, che guardando il telegiornale dice: “Che stronze che siamo…”, riferendosi a quelle donne, operaie, professioniste, disoccupate , che agitano culi e tette mimando un duello di scherma con falli di gomma in onore dell’8marzo.


In casa, dentro un vaso, vedo un ramo di mimosa. Lo stesso ramo che mio padre offre a mia madre ogni giorno da quando si sono incontrati. All’inizio è stata mia madre a dirgli dove trovarne anche fuori stagione, con la determinazione, la forza e la dignità che da sempre la contraddistinguono. Quel ramo nel tempo si è trasformato in gesti e parole, in comportamenti e, alla fine, in convinzioni.


Le donne, quelle che ne hanno la possibilità, le stesse che si riversano nei locali, quando vogliono, sanno indicare agli uomini la strada da seguire. E sanno anche essere sufficientemente persuasive. La storia ci mostra che molti, se non troppi, perdono quella strada. Eppure è semplice trovarla, basta leggere i cartelli con su scritto RISPETTO.